Torino sembra Boston, di notte. Non era mai stato a Boston, l’aveva letto sul giornale molti anni prima.
Quel sabato sera camminava nelle vie strette e buie del Quadrilatero Romano. Giovani coppie sorridenti lo sfioravano, incrociandolo. Se sapessero cosa sono veramente si scosterebbero di un passo, pensò, ridendo tra sé.
Arrivato su via Garibaldi s’immerse nella corrente di gente che, ondeggiante, serpeggiava come un torrente. Lo spingevano, lo urtavano come onde contro una roccia. Lo guardavano ma senza vederlo perché, ad un occhio distratto, passava inosservato: era una volto anonimo nella folla. Invece lui, di quel fiume di persone che scorreva nella città, lui era il gorgo infido. Era il vortice nascosto dietro la roccia, la trappola inattesa che risucchia inesorabilmente verso il fondo. Finché non li trascinava dentro era quasi invisibile. Quando si accorgevano di chi, o che cosa, fosse veramente, era ormai troppo tardi.
Giunto in via Bellezia entrò nel suo locale preferito, ordinò una vodka. Poi ne bevve un’altra. La vodka gli piaceva, ma liscia: niente ghiaccio per un animale a sangue freddo.
Uscì e si avviò all'indirizzo. Aprì con la chiave che gli aveva dato l’inquilina stessa, salì al terzo piano ed entrò nell'appartamento. La donna era seduta nel soggiorno, al buio. Quando lui chiuse la porta alle proprie spalle, la sentì singhiozzare. Senza accendere la luce percorse il corridoio lentamente, ad ogni suo passo i lamenti si facevano più forti. Sentiva il terrore della donna salire. Eppure era stata lei a farlo entrare nella sua vita. Erano stati amici e poi amanti, forse nella testa della ragazza, anche qualcosa di più. Conosceva tutto di lei. Di lui invece, lei non sapeva nulla di vero.
Si comportavano tutte così, lo facevano entrare nelle loro case, poi gli aprivano i cuori e le menti, e poi tutto il resto. Senza accorgersene gli rivelavano passioni e debolezze, paure e desideri. Allora lui si trasformava e iniziava a mordere. Era una specie di maleficio: il suo potere aumentava ad ogni brandello di vita strappato via.
Partendo dalle cose più superficiali, e apparentemente insignificanti, lui l’aveva divorata poco a poco. Avevo affondato i suoi numerosissimi affilatissimi denti fin dentro la sua anima; e non l’avrebbe lasciata più andare.
Come non aveva lasciato scampo alle altre.
Quando raggiunse la poltrona dove la donna era affondata, sommersa di lacrime, i suoi singhiozzi si fusero in un pianto dirotto. Lui le mise le mani sulle spalle. Le chiese se era pronta. Non rispose. Si portò di fronte a lei per guardare quel corpo ancora giovane, le gambe snelle, il seno generoso.
La guardò in viso, gli occhi arrossati erano il segno della sua disperazione, esprimevano tutta la sua rabbia ma non verso di lui, bensì verso se stessa. Quanto si odiava in quel momento, pensò lui, guardando in fondo a quegli occhi straziati, quanto malediceva la sua ingenuità, la sua bontà, la sua fiducia nel prossimo!
«Non era questo che volevi?», le chiese.
Lei rispose con un gemito stridulo, a denti stretti.
All’alba non sarebbe rimasto nulla di quella donna.