IL DOTTORE DELLA PESTE

Titolo originale: Il medico e i mostri, 2021 China su carta
Titolo originale: Il medico e i mostri, 2021 China su carta

Le persone non si presentano mai per come sono realmente, pensava Alessandro, di professione pittore, infatti aveva smesso di chiedere ai propri clienti di parlare di se stessi. Quindi che faccia nascondesse l’uomo che gli stava davanti, sotto la maschera da Dottore della Peste, non aveva importanza: aveva conosciuto tutti gli aspetti che può avere un essere umano ritraendo i cadaveri sul tavolo del Teatro Anatomico. Indossava abiti scuri e quella maschera, la stessa che gli copriva il volto la prima volta che lo vide, una settimana prima.

Quel giorno bussarono alla porta all’imbrunire, udì sua moglie, da un’altra stanza, dire alla domestica di andare ad aprire; udì i passi della donna, la serratura scattare, la porta aprirsi, e l’urlo.

Corse a vedere cosa fosse successo e si trovò davanti quell’uomo mascherato che non si scompose per la reazione della governante ma, con voce profonda, disse: «Vorrei commissionarvi un ritratto», e gli porse un sacchetto di monete.

Alessandro gli diede appuntamento per la settimana successiva, e quello, dopo essersi guardato più volte intorno, se ne andò veloce, scomparendo nel crepuscolo.

Adesso che lo aveva di nuovo davanti, la maschera da Dottore della Peste, Alessandro chiese di toglierla. L’uomo rifiutò, sottolineando il diniego con arcigne scosse del capo. Il pittore non insistette, mise in posa il suo misterioso cliente, quindi sistemò la tenda in modo da creare un’atmosfera austera, consona ad un uomo di scienza: una lama di luce laterale che ne illuminava il capo e il busto lasciando in ombra il resto. Si sedette e tracciò i primi schizzi quando il Dottore lo interruppe chiedendo qualcosa da mangiare. Alessandro si sporse oltre la tela credendo di non aver capito bene.

«Mi faccia portare da mangiare.»

«Questo non è possibile.»

Ma l’altro chiamò a gran voce la governante. L’uomo mascherato le disse di portare del cibo. La donna guardò interdetta il pittore che levò gli occhi al cielo facendo un cenno di assenso.

La domestica portò un piatto. L’uomo prese a mangiare voracemente: grosse briciole gli rotolarono sul velluto nero del mantello. Sollevò la maschera quel tanto che bastava per infilare un boccone e il pittore vide denti gialli e labbra squamose e biancastre. Decise che ne aveva abbastanza di bozzetti per poter lavorare sulla tela e diede appuntamento al Dottore per la settimana successiva.

Quando, sette giorni dopo, il Dottore superò il gradino d’ingresso appoggiandosi al bastone e trascinando la gamba, il pittore pensò subito “Gotta”, ricordando come l’uomo mangiasse voracemente. Il Dottore non mancò di sottolineare il suo stupore per la bellezza della casa dell’artista, il quale lo ringraziò, lo rimise in posa sulla poltrona, sistemò le tende per avere la luce giusta, e iniziò il lavoro. Trascorsero lunghi minuti ritmati dal raschiare della matita sulla tela, poi l’uomo chiese del cibo e del vino.

Il pittore sbatté la matita dicendo: «La domestica è uscita, non credo che ci sia qualcosa di pronto.»

L’uomo insistette perché chiamasse la moglie, in fondo aveva versato un buon anticipo, sottolineò.

Alessandro chiamò Costanza, la moglie. Quando la giovane entrò silenziosamente il Dottore la salutò con voce melliflua . Lei rispose solo con un timido cenno del capo.

Alessandro e chiese se poteva portare qualcosa da mangiare al loro cliente. Lei sussurrò un “certo”, e uscì. Il marito vide il Dottore fissare la donna, tendendo il collo secco: la maschera dal lungo becco protesa nell’aria.

«Avete una moglie deliziosa.», disse.

Il pittore ringraziò a denti stretti e riprese il suo lavoro.

Costanza rientrò con un bicchiere di vino e un piatto. Il Dottore della Peste mise tutto da parte e tornò in posa, senza mai distogliere gli occhi grifagni dalla giovane donna. Alessandro notò il ritmico ondeggiare della mandibola, allorché la lingua dell’uomo usciva dalla bocca a leccare le labbra.

«Davvero deliziosa,», ripeté, «Siete un uomo fortunato.».

La giovane donna uscì lanciando uno sguardo al marito, il quale prese a stendere i colori con gesti violenti.

Qualche giorno dopo, quando il Dottore entrò in casa sua, Alessandro lo accolse chiedendo quando lo avrebbe pagato, visto che il dipinto era quasi terminato.

«Avrete il vostro compenso a lavoro ultimato.», rispose l’uomo mascherato, zoppicando verso lo studio, quindi si accomodò sulla poltrona mentre lui si mise a mescolare olio e pigmenti.

Poco dopo entrò Costanza con un calice di vino che porse al Dottore, il quale ringraziò, indugiando con il becco adunco sul suo seno stretto dal corpetto.

Costanza sospirò e uscì dallo studio sorridendo maliziosamente al marito il quale prese a dipingere nervosamente, sporgendosi di tanto in tanto oltre il cavalletto per studiare il soggetto.

Cercò di concentrarsi ma ad un tratto corse a chiudere la porta a chiave, e terminò il lavoro distribuendo grosse pennellate di vernice densa con dita tremanti.

«La prego, porga i miei saluti alla sua deliziosa signora.», disse il Dottore, quando il pittore lo mise alla porta.

«La prossima sarà l’ultima seduta.», disse Alessandro.

La settimana successiva lasciò che fosse la domestica a condurlo nello studio, lui si fece trovare al cavalletto, fece chiudere la porta e iniziò a dipingere in silenzio. Lo distrasse il modello, che chiese da bere.

«Non ci vorrà molto», rispose il pittore, senza alzare gli occhi dalla tela, «mancano solo pochi ritocchi e il suo ritratto sarà terminato. Vi chiedo piuttosto, di saldare il vostro conto.».

Il Dottore della Peste strinse i pugni sui braccioli della poltrona, agitò la testa e proruppe in un grido: «Costanza! Portate il vino!».

«Come osate!» gridò Alessandro gettando il pennello sulla tavolozza e facendo schizzare la vernice intorno.

Costanza entrò nello studio di corsa senza bussare.

«Gentilissima signora», disse il Dottore, con tono mellifluo, «potreste portare un calice di vino, per favore?».

«Il vino è finito, ve l’ho già detto.», disse Alessandro.

«Mio marito ha ragione, non c’è vino», disse Costanza, «ma permettetemi almeno di vedere l’opera conclusa.», e sorridendo civettuola si avvicinò alla tela ancheggiando.

Alessandro vide il Dottore guardare predace le caviglie della ragazza appena sotto l’orlo della gonna.

La ragazza giunse davanti alla tela e si chinò in avanti per studiare il dipinto. Il marito continuava a fissare il Dottore che puntava gli occhi arrossati sulla scollatura di sua moglie.

«Ma qui non c’è luce!», esclamò Costanza e con passo leggero e busto eretto andò ad aprire tutte le tende.

La luce inondò la stanza, colpendo il Dottore da ogni parte.

Fu in quel momento che Alessandro vide ciò che non aveva mai notato prima: le scarpe del Dottore della Peste erano sporche di sangue e altre chiazze rossastre incrostavano il bastone. Il colletto di velluto gli era scivolato sul petto rivelando grossi graffi bruni sul collo magro. Il pittore riconobbe i segni profondi delle unghie che solo un essere umano che lotta in una strenua difesa può incidere nella carne del suo aggressore, come aveva visto su alcuni corpi nel Teatro Anatomico. Urlò, conscio del pericolo che correva sua moglie, e si lanciò verso l'uomo mascherato.

Il Dottore si alzò di scatto impugnando il bastone come una mazza e, afferrata Costanza e tiratala a sé, non dovette calare la maschera, ringhiò solamente: «Non credo che sia sufficiente il vostro vino per soddisfarmi.».