La mia bocca si adatta perfettamente alla sua apertura, sento i peli corti e morbidi sotto il labbro superiore e la pelle tesa sotto quello inferiore, tiro fuori la lingua e spingo forte, a fondo, la carne sottile e rigonfia si schiude. Scavo con la punta finché l'occhio non si stacca, succhio con forza e il bulbo mi finisce in bocca, tondo e sodo, allora basta uno strappo e glielo tiro via dalla testa.
Lo mando giù così, d'un colpo. Sento il sapore metallico del sangue sulle labbra, sul palato, in gola. L'istinto è quello di vomitare, eppure non riesco ad oppormi a questa frenesia. Le giro la faccia, apro la bocca e mi attacco all'orbita sinistra, con la lingua mi faccio strada tra le ciglia e forzo la palpebra, in profondità.
Stacco, succhio e strappo. E giù anche questo, senza darmi il tempo di pensare. Ho i brividi in tutto il corpo, la testa leggera e un formicolio tra le gambe.
Il Commissario dispose i fascicoli delle vittime sulla scrivania: non avendo alcuna traccia del loro carnefice cercava delle analogie. Erano ragazze giovani, tra i venti e i venticinque anni, ed erano belle. Le analogie si fermavano qui. Non avevano la stessa estrazione sociale, erano una barista, una giovane antiquaria e una maestra. Avevano situazioni sentimentali differenti, la prima era sposata con una figlia, la seconda era single, la terza era fidanzata ma abitava ancora con i genitori. Vivevano in luoghi distanti tra loro: provincia, centro, periferia.
Dalle cavità orbitali sgorga un fiume purpureo, lascio che si dissangui nel bacile, il resto del corpo non mi interessa.
Io mi innamoro degli occhi. Non so se qualcuno li ha mai guardati bene, fino in fondo, gli occhi delle ragazze. Ce ne sono di azzurri che possono rubarti l'eloquio, e di neri che se li scruti troppo in profondità potresti perdere te stesso, e poi ci sono quelli verdi che se li guardi troppo a lungo sai che potresti giocarti tutto. Questa credo che si chiamasse Chiara e li aveva di un azzurro cangiante, screziato d'argento, in quegli occhi c'erano tutti i cieli di Van Gogh. Sono sguardi come il suo che mi scatenano la fame.
Il Commissario passò in rassegna le dichiarazioni dei testimoni. Tutti erano increduli e sconvolti. Il marito della giovane mamma pensava che, la sera della scomparsa, la moglie fosse al lavoro, ma al bar nessuno l'aveva vista, i genitori e gli amici dell'antiquaria non erano a conoscenza di nuove frequentazioni della ragazza, mentre la maestra aveva detto in casa che sarebbe andata in discoteca con le colleghe, ma senza lasciare detto in quale locale. Le insegnanti, sentite sul caso, riportarono di non avere concordato alcun appuntamento con la vittima.
Quegli occhi io li seguo, scopro che cosa vedono appena si svegliano, con quale piatto dicono alla bocca di farsi venire l'acquolina, e con quali film si lustrano di lacrime al cinema. Entro nel loro campo visivo con discrezione. Non colpisco con agguati rapaci, sono un serpente lento, e quando quegli occhi sono ipnotizzati dalle mie spire, li faccio chiudere.
Il Commissario prese una sigaretta dal pacchetto sgualcito, se la infilò all'angolo della bocca e l'accese, espellendo il fumo dal naso, con dita nervose estrasse i referti autoptici da ogni fascicolo e li dispose sulla scrivania. Tutte le donne erano state uccise la notte della loro scomparsa. Aspirò una lunga boccata che lo avvolse in una nuvola densa. Prima di essere abbandonati, i corpi erano stati lavati con un disinfettante, ma l'elemento più significativo era la causa del decesso: tutte le ragazze erano morte per dissanguamento.
Mi piace l'acqua, mi rasserena, per questo le affido i miei corpi. E' ancora notte quando carico in macchina il cadavere della ragazza. Ho in mente un laghetto dove posso lasciarla. Ci arrivo seguendo le strade di campagna, in mezzo a prati bianchi di brina, chiazzati di neve. Trovo lo stagno ghiacciato, la superficie si è fatta spessa qualche centimetro. Non posso depositarla qui.
«Commissario,» disse l'Agente, affacciandosi trafelato alla porta dell'ufficio.
Il Commissario si voltò di scatto facendo cadere la cenere della sigaretta sulla scrivania.
«Entra,» rispose, pulendo i fogli con il mignolo, «che succede?»
«Ne hanno trovato un altro.»
Odio il ghiaccio, freddo e infido. Vago per le strade sterrate in cerca di uno specchio d'acqua dove gettare il corpo. Non so quanti chilometri ho percorso ma non posso tergiversare, la notte non è infinita. Mi fermo. Scendo e mi guardo intorno: nessuno. Infilo i guanti e apro il bagagliaio. Prendo il cadavere e lo scarico in un fosso. Ancora un'occhiata in giro e riparto.
L'alba sta illuminando i campi gelati, accelero. Fatico a orientarmi, queste strade di campagna sono tutte uguali. A un incrocio mi sembra di riconoscere un albero che ho già visto, svolto in quella direzione. Sento l'automobile perdere aderenza, maledetto ghiaccio.
Al Commissario, giunto sul luogo del ritrovamento del cadavere, un fosso in aperta campagna, non ci volle molto per capire che l'omicidio era opera di quello che lui chiamava “il killer degli occhi”. La ragazza era nuda, aveva le cavità orbitali vuote ed era evidentemente morta dissanguata, ma la procedura imponeva l'autopsia, e il corpo se portò via il Medico Legale. Lui si concentrò sulle indagini. Il terreno era indurito dal ghiaccio e non c'erano impronte, né di scarpe né di pneumatici. Ancora una volta il Commissario si ritrovò senza nulla in mano, e come ogni volta, la cosa lo faceva incazzare a morte.
Abbasso l'aletta parasole ma non ci vedo ugualmente perché la luce bassa fa risaltare tutto lo sporco sul parabrezza. Potrei usare l'acqua del tergicristalli ma se poi ghiaccia è peggio.
Incrocio una strada asfaltata, freno e la macchina fa ancora un metro a ruote bloccate poi si ferma. Svolto e lascio la carrareccia. Ora sono più tranquillo. Vedo luccicare dell'acqua, sto costeggiando un canale. Dopo qualche chilometro raggiungo una costruzione, un lungo muro scuro oltre il quale svettano dei cipressi. Gli alberi schermano il sole basso e me lo tolgono da davanti agli occhi, finalmente. In compenso, ora posso vedere lo spesso strato di ghiaccio sull'asfalto.
La strada conduce su un ponte sul canale.
Rallento.
Freno.
Sento lo sterzo leggero.
“Attento, che qui vai”
Il corpo fu disteso sul tavolo d'acciaio, l'assistente lo misurò e il Medico Legale lo aiutò a pesarlo. La ricognizione esterna del cadavere mostrò che aveva le unghie delle mani spezzate, asportate alla radice. Il corpo presentava i segni della permanenza in acqua per un periodo non superiore alle sei ore. Il Medico Legale incise il torso con il taglio a Y, dalle spalle allo sterno e giù fino al pube. Una volta aperta la cassa toracica e l'addome, rimosse, pesò e sezionò il cuore e i polmoni. L'Assistente nel frattempo documentava tutto con la macchina fotografica.
Il Medico Legale procedette all'asportazione e all'analisi dell'intestino, il contenuto e l'aspetto non rivelarono nulla di particolare. Infine estrasse lo stomaco e, dopo averlo pesato, prese il bisturi e lo sezionò.
«Oh, questa poi!» disse, ritraendosi dal tavolo settorio.
L'Assistente si avvicinò premuroso.
«Chiama il Commissario.» disse il Medico legale.
I cantonieri accostarono il camion presso il muro del cimitero, all'ombra dei cipressi, e scaricarono una piccola draga cingolata vicino al ponte sul canale. Un operaio scese giù lungo l'argine invaso di sterpaglie bianche di brina.
«Vado a vedere se regge.» disse.
Fece ancora un passo verso l'acqua e, proprio sotto il ponte, vide affiorare qualcosa. Si chinò per vedere meglio.
«C'è una macchina,» gridò mentre si affannava su per l'argine scivoloso, «una macchina ribaltata nel canale.»
Nella bacinella di acciaio, sotto lo sguardo incredulo del Medico Legale e di quello bilioso del Commissario, giaceva lo stomaco aperto di un maschio, di anni trentuno e, dai documenti ritrovati in suo possesso, di professione veterinario.
All'interno dello stomaco, appena un poco digeriti, praticamente intatti, si potevano apprezzare due bulbi oculari umani.
«Deve aver perso il controllo dell'auto a causa del ghiaccio,» disse il Medico Legale «e si è ribaltato nel canale.»
«L'hanno trovato per caso.» disse il Commissario.
«Si è asportato le unghie nel tentativo di sganciare la cintura di sicurezza bloccata.»
«Nemmeno la soddisfazione di mettergli le manette.»