LA CORSA

Chi non ha la testa, abbia le gambe. Questo pensava Lucrezia mentre correva, perché era quella l’unica cosa che poteva fare, correre. Aveva dimenticato una cosa di vitale importanza nella casa dove aveva appena lavorato, sarebbe potuta tornare indietro facilmente ma l’improvviso guasto all'automobile l’aveva costretta a raggiungere il posto a piedi. Così si era messa lo zainetto nero sulle spalle ed era partita. Doveva concentrarsi sulle braccia: più velocemente muovi le braccia, si disse, più forte andranno le gambe.

Ma dove aveva la testa! Continuava a rimproverarsi mentre correva nella notte, controllando la respirazione per non perdere il ritmo. Lei che non si dimenticava mai nulla, lei sempre così attenta ai dettagli, come aveva potuto dimenticare una cosa del genere?

Iniziò a sentire i gemelli del polpaccio doloranti per lo sforzo. Tutto normale, pensò Lucrezia, e riepilogò mentalmente le azioni compiute per capire come avesse potuto dimenticare un particolare così importante.La respirazione si fece più pesante mentre sentiva il sudore colare lungo la schiena, sotto lo zainetto, e sul petto.

Doveva arrivare più in fretta possibile alla casa. Strinse i denti e accelerò la corsa. Il quadricipiti presero a farle male, Lucrezia aumentò il ritmo, rimproverandosi ancora una volta per la propria distrazione.

Davanti a sé vedeva la strada buia illuminata da deboli lampioni che gettavano pennellate di luce sporca sui marciapiedi e sulle scale delle vecchie case che le scorrevano accanto. Il viso avvampava di calore, il sudore gocciolava dalle tempie sulle guance e gli occhi iniziavano a bruciare ma non poteva fermarsi, aveva fretta di recuperare ciò che aveva dimenticato e tornare all'automobile il più rapidamente possibile.

Arrivò all'ingresso dell’abitazione. Prese la chiave dalla tasca destra e aprì la porta. La casa era pulitissima, come lasciava sempre lei le case dove andava a lavorare, tutto era in perfetto ordine. Salì le scale, facendo attenzione a non appoggiare la mano sudata al mancorrente lucidissimo, percorse il corridoio e arrivò alla porta del bagno. La apri con delicatezza e accese la luce. La grande specchiera era immacolata, la rubinetteria dorata luccicava, la grande vasca splendeva bianchissima ed ecco che Lucrezia trovò quello che aveva dimenticato. Sospirò sollevata e, sorridendo mormorò: «Ecco dove l’avevo lasciata!», guardando nel bidet dove giaceva la testa mozzata del padrone di casa.

Fissava il soffitto con un occhio aperto, mentre l’altro pareva chiuso, le labbra grigie aperte mostravano la dentatura giallastra e le gengive livide. Lucrezia la afferrò per i folti capelli e la mise nello zainetto nero, Pulì il bidet, la maniglia della porta ed uscì dalla casa. Si guardò intorno, la strada dormiva placida nella notte silenziosa. Lucrezia prese un gran respiro e ricominciò a correre.